sabato 7 marzo 2009


E a me resterà solo cosa?

Mi resteranno questi suoni, forse;

mi resterà il baluginio dei lampi,

quando sdraiato in fondo al mare

cercherò di vedere la notte.

E lei fuggirà,

dietro nuvole e acqua.


Che parola piena,

che ti bagna la bocca come un’onda:

acqua.


Stamani, ascoltavo musica strumentale da una web radio e mi son messo a scrivere al computer, ad occhi chiusi. In quel modo stacchi la mente; perdi i sensi, in un certo qual modo. Meglio: li spegni tutti e se ne accende uno solo, invisibile, dentro di te. 

E' il motivo per cui, un po' di tempo fa, imparai a battere sulla tastiera con dieci dita.

E' bello iniziare a scrivere dal primo pensiero e poi seguire il flusso. Non devi curarti di niente: forma, orografia, punteggiatura... Tanto meno, devi curarti di uno scopo. Quelle righe non le leggerà mai nessuno: scrivi per scrivere. A un tratto rileggi e ti chiedi come possa quella roba essere uscita dalle tue mani. 

Sopra, ho inserito quello che ho visto poco fa. Sono le ultime frasi di quello che ho scritto. Spesso questi esperimenti producono brani senza senso, o che almeno non ne hanno sulla superficie, ma secondo me posseggono sempre una bellezza. Per questo, a seguire, inserisco anche l'inizio.

Stavo camminando lungo un sentiero. Era tutto scuro e non si riusciva a vedere fino in basso ai piedi. Improvvisamente una brezza da destra mi coglie di sorpresa. Un nuovo alito di vento che ridà la vita a chi l’ha perduta. Vorrei sapere il giorno che l’ho perduto dove ero andato; dov’era il soffio che mi ha lasciato. Penso che se ne sia andato verso ovest, a cercare la sua amata. Il miglior augurio che possa fargli è che la trovi. 

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