mercoledì 18 marzo 2009

Dopo molto tempo senza pittura: tempo in cui ho cercato l'espressione nel canto, nella scrittura, nella recitazione; tempo in cui ho pensato che la pittura non poteva darmi molto. 
Sicuramente quest'ultimo pensiero serviva a difendermi. Per proteggere il mio ego dall'idea che non potevo liberarmi nella pittura. Penso che da qui sia emerso il bisogno di scrivere, dopo aver visto che non potevo liberarmi nel canto (ora le cose stanno cambiando, lì) e dopo che non riuscivo a concedermi nella pittura. La scrittura, con la sua apparenza più razionale, mi salvava dal senso d'obbligo a liberarmi.
Da un po' di tempo, però sto cercando di farlo, di uscire, da tutti i condizionamenti - il più possibile. Per essere me stesso e perchè l'arte che esprimo possa essere definita tale.
Allora ieri ho provato a riscoprire il mostro che mi aveva bloccato. Quello rinchiuso nei colori e nei pennelli. 
Ho provato a chiudere gli occhi e aspettare col pennello sollevato sulla tela. Ero in ascolto, aspettando il momento in cui muovere il pennello sarebbe stato irrefrenabile. La mente ha continuato a interferire, ogni tanto, e io mi sono fermato per un secondo. Ho smesso di respirare per un secondo e ho di nuovo aspettato l'impulso a partire.
Il risultato lo pubblico per forzare il mio ego. Ho sempre cercato il risultato bello, ma quello è comunque soggettivo... Questa volta, invece, ho detto: chi se ne frega. Questo è uscito! E' arte; non lo è; è bello; fa schifo. Questo è. Non sarà un buon risultato, forse la prossima volta andrà meglio. O forse no.


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